giovedì 25 novembre 2010
le merde dovrebbero affondare, perché galleggiare può far male
sabato 31 gennaio 2009
L'omicidio Rasman
L’omicidio Rasman (Che non comparirà nei titoli dei telegiornali e non sarà discusso nei salotti televisivi dedicati alla Franzoni e allo stupro di Guidonia)
Daniele Martinelli: "Salve a tutti, mi trovo al tribunale di Trieste per seguire il processo di Riccardo Rasman... i fatti si svolgono ai danni di un ragazzo affetto da schizofrenia paranoide, malattia che contrae nel novantadue, quattordici anni prima di morire, durante il servizio militare in seguito a pesanti atti di nonnismo che subisce a Cordovado, la caserma militare di aeronautica.
Riccardo in questi anni si è curato al centro di salute mentale di Trieste, quindi conosciuto e schedato anche dalle forze dell’ordine visto che già nel novantanove, dieci anni fa, si erano presentate alla casa dei genitori in seguito alla segnalazione di un vicino di casa che si lamentava dei rumori molesti che Riccardo avrebbe arrecato, ebbene arriviamo all’ottobre de 2006, periodo nel quale nel frattempo Riccardo ha acquistato un monolocale in un palazzo nel quale vivono altre famiglie con soggetti in cura al centro di salute mentale.
Alcuni testimoni riferiscono di aver sentito degli spari, degli scoppi di petardo, l’usciere del palazzo che si chiama Pollanz chiama la polizia per accertamenti, la polizia arriva, si presentano sull’uscio di casa di Riccardo, bussano, Riccardo non apre, chiamano i rinforzi, arrivano i vigili del fuoco armati di piede di porco che forzano l’ingresso e a questo punto entrano nell’appartamento buio di Riccardo.
Lo stato d’animo di Riccardo, essendo affetto da schizofrenia paranoide, peggiora quando sa di essere aggredito o teme di essere aggredito da persone non conosciute, poiché in questo modo si manifesta la malattia, ossia in manie di persecuzione. Perciò in quel contesto, Riccardo vive quel che già teme, ciò che la sua malattia gli fa temere.
Si vede aggredito da questi agenti che lo sbattono sul suo letto, lo picchiano, un agente gli blocca un polso con una manetta, l’altro agente gli blocca l’altro polso con un’altra manetta, un terzo agente cosa fa? Gli lega, con del fil di ferro, le caviglie perché evidentemente, essendo in stato di affanno e di agitazione, Riccardo ha sicuramente una reazione inconsulta in quel momento. Legato a mani e piedi gli agenti continuano a picchiare Riccardo, tant’è che dall’autopsia emerge anche una ferita alla testa presumibilmente inferta con un corpo contundente, forse con lo stesso piede di porco, non si sa, fatto sta che a quel punto viene preso di peso in posizione supina e messo a terra.
Riceve dei calci alla schiena, vomita sangue, uno dei due agenti gli si siede sulla schiena e a quel punto Riccardo bloccato muore per asfissia posturale perché nel frattempo le due manette gli sono state congiunte dietro alla schiena. Per cui in quella posizione con una persona seduta sopra la schiena non puoi far altro che morire di asfissia. Impiega un po’ di minuti a morire Riccardo, non muore in un istante.
Fatto sta che la tragedia si è compiuta, viene aperta un’inchiesta d’ufficio, titolare dell’inchiesta è il pm Pietro Montrone che l’anno scorso, più o meno ad aprile, chiede l’archiviazione del caso data l’eccezionalità della situazione e l’esigenza di difesa da parte degli agenti. Senonché, invece, una indagine presentata dalla difesa della famiglia Rasman assunta dall’avvocato Giovanni Di Lullo, chiede l’opposizione dell’archiviazione, opposizione che viene accolta dal gip, gip che convoca la prima udienza nella quale è il pm stesso, che dopo aver letto l’indagine presentata dal legale di Rasman, dice: “Non stiamo qua nemmeno a discutere, ritiro la mia richiesta di archiviazione perché secondo me da queste indagini emergono particolari che vanno approfonditi e quindi si potrebbe configuare il reato di omicidio colposo ai danni degli agenti. Per cui l’udienza è stata rimandata ad una settimana fa, sempre qui al tribunale di Trieste, il rito scelto dagli imputati è quello abbreviato, perciò si tiene in camera di consiglio alla presenza soltanto delle persone interessate, chiuso al pubblico e di conseguenza ai giornalisti a meno che non siano gli stessi imputati a richiedere che il dibattimento sia pubblico.
si aspettava la sentenza, che non è arrivata dopo che si è dibattuto tutto il giorno, fin quando non è arrivata la giornata di oggi nella quale è stata convocata la seconda udienza per decidere questa sentenza, sentenza di condanna che andiamo a sentire."
Pm Pietro Montrone: "Sì sì. ha accolto in buona parte le richieste del pm"
Daniele Martinelli: "possiamo saperlo pm scusi?"
Giuliana Rasman: Deve venir fuori la verità! Ricky non ha buttato nessun petardo! Deve venir fuori la verità! Ho capito ho capito è andata bene adesso stai calma. Non abbiamo vinto, stiamo tranquilli.
Giovanni Di Lullo: "Sono stati condannati i due capi pattuglia, i sovrintendenti Mis e Miraz, l’assistente De Biasi ed è stata prosciolta l’assistente Gatti.
Daniele Martinelli: "Condannati a quanto?"
Giovanni Di Lullo, difensore fam. Rasman: "Condannati a sei mesi di reclusione ciascuno con la sospensione condizionale della pena.
Daniele Martinelli: "Cos’ha inciso nella sentenza?"
Giovanni Di Lullo: "La motivazione sarà resa entro novanta giorni, che aspetteremo di leggere, adesso è stato letto solo il dispositivo con la dichiarazione di responsabilità di questi tre agenti.
Daniele Martinelli: "Perciò sono state accolte le richieste?"
Giovanni Di Lullo: "Sono state accolte le richieste della pubblica accusa nella maggior parte, una delle quattro persone è stata prosciolta (l’agente donna Gatti) per ragioni che per ora non siamo ancora in grado di valutare, evidentemente è emerso che la sua partecipazione non è stata influente nel determinismo della morte devo pensare io, però questa è una cosa che potremo valutare solo quando avremo le motivazioni.
Daniele Martinelli: "Signor Rasman vuole dire qualcosa?"
Duilio Rasman: "Mah, speravo in un’altra maniera, almeno che sia fatta una certa giustizia perché di quello che posso dire veramente, abbiamo ricevuto un colpo troppo grosso.
All’età che abbiamo un figlio che ha sofferto tanti anni, al quale io stavo sempre vicino, mi sono dedicato a lui in tutto e per tutto, è stato un colpo troppo grosso e penso che anche loro avranno una coscienza per dire che hanno sbagliato perché certe cose come queste me le ricordo soltanto in tempo di guerra, allora veramente, posso dire che a Trieste, un sollievo come questo ci sta, almeno un po’ di giustizia.
Daniele Martinelli: "Farete appello?"
Duilio Rasman: "Questo non lo so, bisogna parlare con gli avvocati."
Daniele Martinelli: "Giuliana, questa sentenza?"
Giuliana Rasman: "Spero che ci siano dei riscontri in futuro e che si possa fare piena chiarezza su tutto quello che non è stato detto in queste udienze, perché si è parlato dei quattro poliziotti però ci sono molte altre cose che devono essere chiarite riguardo al perché loro hanno agito in questa maniera!
Perché sfondare una porta e massacrare una persona in questo modo… Riccardo non è morto per un collasso, Riccardo è morto per le botte in un lago di sangue, quindi ci devono essere delle spiegazioni sul perché loro hanno agito in questa maniera…"
Daniele Martinelli: "Che voi non sapete dare?"
Giuliana Rasman: "Mah ci sono negli atti scritte, dagli stessi poliziotti, determinate cose che gli avvocati già sanno, per le quali dovrebbe essere fatto un processo a porte aperte perché devono essere chiariti tanti altri particolari, perché non sono soltanto quattro poliziotti i responsabili, per noi sono molte altre persone, comprese quelle del palazzo in cui Riccardo aveva questo monolocale.
Daniele Martinelli: "Avvocato Anselmo, questa sentenza, allora, com’è?"
Fabio Anselmo: "Mah io non valuto il peso della sentenza nelle condanne, valuto la sentenza in sé perché secondo me ha un significato enorme e giusto, finalmente.
Daniele Martinelli: "Sei mesi per un omicidio."
Fabio Anselmo: "E’ un omicidio colposo, sono forze dell’ordine quindi questo non dobbiamo dimenticarlo. Sulla misura della pena non mi piace espormi.
Daniele Martinelli: "Ma si pensa già all’appello o che cosa?"
Fabio Anselmo:"Adesso vedremo in base alle motivazioni della sentenza, noi sinceramente miravamo alla condanna e al riconoscimento di una responsabilità penale per la morte di Riccardo Rasman, e questo secondo me, è un dato di fatto importante sul quale si è lavorato.
Non dimentichiamo che siamo intervenuti mentre era in corso una richiesta di archiviazione!
Daniele Martinelli: "Ma perché per le forze dell’ordine c’è un occhio di riguardo?"
Fabio Anselmo: "Questo non sta a me dirlo, diciamo che è una questione di carattere politico sulla quale io preferisco non pronunciarmi, io entro nella questione processuale, diciamo che sicuramente è più difficile.
Daniele Martinelli: Dunque sono due gli aspetti importanti di questa vicenda triste: il primo è l’eccezionalità del fatto che il pm, in sede di udienza, ritiri la propria richiesta di archiviazione.
Il secondo dato è questa condanna per omicidio colposo che se da un lato pare irrisoria, essendo di soltanto sei mesi per una vita umana, dall’altro configura, in questa Italia, uno scenario nuovo perché per la prima volta viene inflitta una condanna per omicidio colposo ad un poliziotto. Non era mai successo prima e sembra che dalla casistica risulti soltanto una condanna per omicidio preterintenzionale.
Questa sentenza finirà su tutte le riviste giuridiche e potrebbe cambiare il quadro anche per episodi in corso di trattazione o anche per episodi futuri."
Daniele Martinelli: "Allora un anno fa il pm Montrone chiedeva l'archiviazione di questo caso e voi come gruppo regionale dei Verdi cosa avete fatto?"
Alessandro Metz: "Abbiamo pagato una pagina intera sul quotidiano locale "Il Piccolo" per poter dire quanto stava accadendo, in quanto da ciò che si leggeva negli articoli che uscivano, si stava molto attenti ai termini usati.
Per esempio non c'è mai stata la parola uccisione! Riccardo Rasman è stato ucciso.
Daniele Martinelli: "Quindi vuol dire che Il Piccolo non ne parlava?"
Alessandro Metz: "Ne parlava però in maniera tale per cui rappresentava la realtà in maniera sfalsata. Un conto è parlare di una persona che è stata uccisa, poi sarà un tribunale, un giudice a decidere se in maniera volontaria, colposa, preterintenzionale, quello non sta a me giudicare a un processo, però è stato ucciso.
Prima di pubblicarla il direttore del quotidiano Il Piccolo ha voluto che incontrassimo il legale del quotidiano perché andassimo a trattare parola per parola quello che si poteva pubblicare o meno. Nonostante fosse una pagina a pagamento, alcune parole non era possibile stamparle, una di queste era che i quattro poliziotti avevano ucciso Riccardo Rasman.
Già, dopo lunghe trattative abbiamo pubblicato comunque quello che ritenevamo importante dover dire, in maniera, su alcuni passaggi edulcorati perché altrimenti questa notizia non sarebbe mai passata nella maniera più opportuna."
Daniele Martinelli: "L'importo sborsato dai Verdi del Friuli Venezia Giulia sono stati 3.500 euro pagati a questo quotidiano. Ora, dopo questa sentenza ci si chiede il perché, rimane l'amarezza in bocca sui motivi di tanta ferocia e di tanta cattiveria nei confronti di un ragazzo incensurato, che per altro era sofferente e conosciuto in città per la sua malattia.
A tal proposito non so se a questo punto ci sarà una richiesta d'appello, come già avete potuto sentire dalle interviste.
Vi lascio con queste poche dichiarazioni che ho raccolto dalla madre di Riccardo, la signora Maria. Per quanto mi riguarda è tutto."
Maria Rasman: "Là erano d'accordo! Quello che abbiamo scoperto non è solo Polizia, là furono tanti mandanti perché il signor Pollanz lavora per conto della cooperativa sociale Domio, la stessa che ha assegnato l'alloggio in cui abitava Riccardo, tramite l'ufficio Basaglia.
Perciò là ci sono tanti collegamenti. Ha capito? Ci sono cose che ci sono state nascoste. E questi collegamenti io devo pregare che vengano fuori perché la nostra famiglia soffriva già da 14 anni, da quando Riccardo si ammalò durante il servizio militare, in ultimo me lo hanno ammazzato.
Noi invece... dopo invece che abbiamo fatto tanto per nostro figlio, ce l'hanno ammazzato. Noi eravamo così contenti di curarlo e dargli quello che gli serviva. Non c'era nessuno che lo aiutava. Questo si deve scoprire non può stare nascosto!
Mio figlio non era un bandito, non era un mafioso, si vede che qualcuno gli ha fatto una brutta denuncia.
Io le devo dire una cosa! Loro gli stavano alle calcagna da un anno e mezzo fin quando lo hanno trovato da solo. Perché non andava mai da solo, aveva paura, stava sempre con me o con mio marito, con la sorella. "Mamma vieni su a pulire un po'?" Noi andavamo nel suo alloggio, andava la sorella ma lui non era mai solo.
Quel giorno stette con me e con mio marito fino alle sette e mezza, ci lasciammo all'incrocio con mio figlio che mi disse: "mamma ci vediamo fra un paio d'ore..." Lei lo ha più visto? Curare un figlio trentaquattro anni e poi sparire all'improvviso è una vergogna!
Lasciammo le nostre terre slovene di Portorose per venire a vivere in Italia per stare più tranquilli, e invece qua in Italia ci hanno ammazzato il figlio senza sapere il perché! Con tutto il bene che gli abbiamo voluto! La nostra famiglia con questa storia è stata distrutta! Non so cos'altro dirle. La nostra famiglia è stata distrutta! Dopo una vita di lavoro... "
venerdì 5 dicembre 2008
la Sirena e l'acqua alta
Dopo il primo allarme, una vera e propria sirena da evacuazione, seguono dei segnali acustici ad intervalli di 4 secondi uno dall’altro, e ad ognuno conto … 110 … 120 … 130 … 140. Mi giro dall’altra parte e, masticando un’assonnata intenzione di uscire con gli stivali, mi riaddormento.
zzzzz…
La sirena risuona verso le 8,00 ma io sono ormai già pronto per uscire. Conto di nuovo i segnali acustici ed arrivo a 150. Ma il volantino che hanno distribuito per spiegare il funzionamento delle sirene non arrivava fino a 140? Non ho tempo per pensarci, sono già in ritardo per il lavoro. Mi infilo gli stivali da acqua alta (ovvero quelli dei pescatori) ed esco.
La prima parte è facile, l’acqua arriva sotto le ginocchia e gli stivali reggono e poi il tragitto casa ufficio è davvero poco.
Ma c’è anche scirocco in questa giornata. Lo scirocco soffia da fuori verso l'interno della laguna. È lui la vera causa di tutta quest’acqua. Verso le 9,00 gli altoparlanti delle sirene annunciano che si arriverà fino a 1,65mslm, ma questa volta lo dicono proprio a voce non suonano altri allarmi. 1,65mslm è un evento che accade di norma non più di una volta ogni 30’anni (e l’ultima fu proprio nel 1979). Questo renderà la giornata particolare.
Nella strada incontro una signora che rinuncia ad opporsi all’evento e anziché trascinare il passeggino lo fa direttamente galleggiare.
Un padre prende in braccio il figlio (5 anni forse) ma dimentica il cane, è un volpino e forse è incapace di nuotare perché cammina in apnea. Poi voltano tutti e tre l’angolo e non li vedo più; chissà se il cane è sopravvissuto.
Fa male vedere libri uscire da soli, galleggiando, da una libreria, sapendo che la loro carta è ormai irreversibilmente corrotta. Consola almeno vedere che sono D’Annunzio e Goldoni. Baudelaire e Murakami sono in salvo sugli scaffali più alti.
Un signore ritorna verso casa dalla spesa. Aveva legato una barchetta, con cui ora si muove nelle calli, agli appositi ganci per gli animali affianco alla porta del supermercato.
Mi dicono che c’è un tipo a piazza San Marco che fa sci d’acqua (in serata lo vedrò su internet). Che un signore in carrozzella è finalmente libero dai ponti invalicabili per le sue ruote, e avanza galleggiando e con un insolito sorriso. Che le merci del supermercato di Santa Margherita si sono allagate, ma che non hanno buttato niente, tanto le scadenze non son mica cambiate. Che una turista impavida e contenta nuota a piazza San Marco, forse più tardi avrà qualche linea di febbre e capirà di dover buttare gli abiti, perché l’acqua della laguna è affascinante ma non perdona.
Eppure le cose più curiose me le dice la tv la sera. Mi dice che è colpa del comune perché non era preparato (ma le sirene son suonate con più di 2 ore di anticipo sull’allagamento, ed in una città che con gli allagamenti convive per definizione, possibile che ai negozianti non sia venuto in mente di spostare le merci che erano in basso?). Mi dice che questa sarebbe stata la giornata del mose (eppure il progetto è vecchio di 30’anni e dunque si basa su livelli del mare oramai mutati, eppure chi ha iniziato a realizzarlo ha già fatto diversi errori di realizzazione che ne compromettono la funzionalità, eppure la marea è dipesa soprattutto dal forte vento di scirocco … possibile che fosse proprio la giornata del mose?).
Certo è che i danni alla fine, se si possono contare, sono anche limitati ed una giornata come questa lascia molti disagi, ma anche la consapevolezza di aver vissuto un evento che, per le modalità e i risultati, è unico nel mondo e solo a Venezia può accadere.
lunedì 3 novembre 2008
Aspirazioni e cospirazioni
Sono arrivata a Piazza Navona verso le 10.00. La zona era presieduta da numerosa polizia e altrettanto numerosi carabinieri, Corso Rinascimento era inaccessibile.
La piazza era piena di ragazzini intorno ai 15 anni. Moltissimi erano pigiati nella stradina della Corsia Agonale che sta proprio davanti a Palazzo Madama. Sembrava di essere su un autobus all'ora di punta.
Mi sono messa tra una panchina di marmo e un lampione, guardando il Senato; davanti a me, di lato a sinistra, il camion dei Cobas, che erano lì come annunciato.
Non mi piaceva l'atmosfera, gli slogan che sentivo erano privi della freschezza delle ultime manifestazioni.
Alla mia destra vedevo un camioncino bianco che cercava di arrivare proprio alla fine di Corsia Agonale. Sul tetto del camioncino bianco c'erano ragazzi più grandi. Non studenti medi, alcuni sui trenta. Avevano il microfono e molti di loro videocamere. Ricordo perfettamente una biondina, giovanissima, che filmava tutto. Voci rauche e dure. Occhiali a specchio.
Dall'altro camion qualcuno improvvisamente ha urlato che stavano caricando. Ho pensato: "La polizia" e ho cercato di calmare le ragazzine che erano intorno a me, dicendo loro di non mettersi a correre, che si sarebbero fatte male. Non mi hanno (giustamente) dato retta e mi hanno scaraventato, cadendomi addosso e in parte calpestandomi, sulla panchina.
Liberata dai corpi che mi stavano addosso, mi sono alzata e li ho visti schizzare intorno a me: ragazzi con il viso coperto e scoperto che con cinghie e fibbie di ferro picchiavano chiunque capitasse loro a tiro. Alcuni di loro usavano i caschi. Ho visto un ragazzo a terra preso a pugni e calci da un gruppo. L'ho visto riuscire ad alzarsi e scappare con il sangue che gli colava dal viso, mentre continuavano a prenderlo a cinghiate. Tremavo come una foglia. Ho iniziato a urlare di smetterla. Vicino a me un'altra signora, mia coetanea, chiedeva chi fossero quei picchiatori.
Ho urlato: "Ma dov'è la polizia? Stanno picchiando dei bambini!!".
Dopo è tornata una calma strana. Me ne sarei voluta andare, ma vedendo solo sparuti adulti in quella piazza di adolescenti, non me la sentivo: se dal camioncino bianco avessero attaccato di nuovo, almeno un paio di adulti avrebbero dovuto provare a fermarli.
Gli aggrediti, soprattutto le ragazzine, avrebbero voluto mandarli via. Ho cercato per quello che potevo di calmarle. Avevo paura, per loro e per me: i ragazzotti del camioncino ci avrebbero massacrati.
Così è trascorsa un'ora. Surreale. Dal camioncino bianco venivano slogan pesanti, volgari. Mi chiedevo: "Come è possibile che restino qui, che nessuno faccia nulla?"
Davanti a me un via-vai particolare: alcuni signori in giacca e cravatta, cinquantenni, uno dei quali con difficoltà di deambulazione e accompagnato da una signora elegante, in pantaloni, completo scuro, provenendo dalla sinistra della piazza, andavano dai ragazzi del camioncino e parlavano con loro. Il signore e la signora mi saranno passati davanti almeno tre volte. Poi ne sono arrivati una decina, in processione, vestiti sportivi, tra i quaranta e i cinquanta. Avevano walkie-talkie. Hanno parlato con i giovanotti del camioncino bianco e poi se ne sono andati.
Uno studente ferito soccorso da una prof
Dopo poco è arrivata un'autombulanza vuota, dalla destra della piazza, che si è messa dietro il camioncino bianco, che piano piano è partito e, superando il camion dei Cobas, se ne è andato, seguito da una trentina di ragazzi che urlavano. Dietro di loro l'autombulanza vuota.
Ho pensato: "Finalmente se ne vanno, scortati". Mi sono diretta verso Corso Vittorio Emanuele per tornare a casa e ho visto arrivare un corteo. In soccorso dei picchiati di prima, ho pensato. Ho urlato: "Quei violenti se ne sono andati!!". Ma poi da lontano ho visto che non erano stati mandati via del tutto. Erano stati solo spostati dall'altro lato della piazza.
Cosa è successo dopo è noto.
Mi chiedo:
- Come è stato possibile che in Piazza Navona, piena di ragazzini e ragazzine pacifiche, sia un camioncino pieno di bastoni e spranghe? Perché la polizia che pure aveva blindato la zona non ha controllato?
- Perché le forze dell'ordine non sono intervenute mentre degli adolescenti inermi venivano picchiati da energumeni con cinghie e caschi?
- Chi era il signore in giacca e cravatta con un evidente problema di deambulazione, accompagnato da signora in completo scuro, che più volte e per lungo tempo si è intrattenuto con i giovani del camioncino bianco?
- Chi erano gli altri signori, vestiti sempre con giacca e cravatta, che pure hanno conversato con loro?
- Chi erano i signori con i walkie-talkie?
- Perché è stata mandata un'autombulanza in piazza per scortare il camioncino bianco e i giovani che stavano nelle sue immediate vicinanze, ma alla fine non è stato fatto uscire del tutto?
(1 novembre 2008 da Repubblica.it)
giovedì 30 ottobre 2008
Giù la maschera...
Parole sincere di Francesco Cossiga (Presidente emerito della Repubblica Italiana e senatore a vita)